A Padova
da Paolo
venerdì 16 maggio
Cinque alieni sbarcano sul pianeta Padova
Da tempo se ne parlava, sembrava uno di quei miraggi che appaiono all’orizzonte, cammina cammina e la magica visione è sempre li alla stessa distanza, finché impallidisce e ci lascia il solito orizzonte vuoto.
Invece il sogno si è avverato: una giornata e mezza in totale libertà scalza, cinque pionieri alla conquista di una fettina di veneto.
Vi sembrerà strano, ma è una settimana che l’emozione mi attanaglia, pregusto il momento e le ore sembrano ristagnare.
Un ultimo appello negli ultimi istanti: Ares, Paolo F., Stefano, Lucignolo e la new entry Lucina, i primi tre partiranno da Milano, io e mia moglie saliremo a bordo dell’Eurostar a Brescia.
Il convoglio è puntualissimo, abbracciamo con piacere i tre amici e prendiamo posto vicino a loro.
Tutti scalzi, naturalmente; fra un paio d’ore cominceremo ad accarezzare il suolo di una città che mi ha ospitato per alcuni anni, durante gli studi universitari.
Di tempo ne è passato, allora c’ era ancora qualche orma di TRex, adesso toccherà a noi lasciare qualche impronta scalza.
Eh, quante immagini scorrono nella mia mente, quel tratto percorso decine di volte: lo sto rifacendo senza scarpe…. quasi non ci credo!
Sono da poco trascorse le ore diciassette e cinque alieni sbarcano sul pianeta patavino.
Almeno questa è la prima sensazione, perché molte teorie qui non sono più valide.
Vediamo un po’.
La maggior parte delle persone non se ne accorge nemmeno: caspita, qui hanno un radar incorporato, ci sono decine di occhi incollati ai nostri piedi.
Mi viene quasi un sospetto: vuoi vedere che ho dimenticato i pantaloni a casa? No, no, ci sono.
Usciamo e percorriamo Corso del Popolo.
Se anche si accorgono fanno finta di nulla: al posto delle vertebre cervicali ci devono essere delle molle, perché le teste si agitano e si scuotono (ma dove andremo a finire?).
Ti guardano perché vorrebbero, ma non possono: oh, cavolo! Allora perché quelle espressioni disgustate, nemmeno si fossero trovati davanti cinque Zulù nudi e sporchi di fango?
O ci ricalziamo o ce ne infischiamo: optiamo per la seconda soluzione, continuando a mostrare le nostre suole nere.
Siamo di fronte all’hotel; decidiamo di entrare con le infradito, espletare le operazioni di ingresso, alleggerire gli zaini ed uscire scalzi.
Bene, non accade nulla.
Sempre sotto decine di sguardi attoniti, ci fermiamo in Piazza dei Frutti a fare uno spuntino a base di deliziose ciliegie appena comprate su una bancarella, all’ombra del Palazzo della Ragione.
La temperatura è ideale, ma lunghi tratti lastricati dal porfido stimolano intensamente le nostre suole nude.
L’asfalto è ruvido in certi tratti, ma i lunghi percorsi porticati danno un sollievo non indifferente.
Ecco la sede centrale dell’Università, avevo diciannove anni quando ne varcai la soglia la prima volta, fa un certo effetto passarci davanti scalzo in un contesto così poco convenzionale per una simile attività.
Ares è scatenato, ma il redivivo dio della guerra al posto della spada fa mulinare una bella macchina fotografica.
Facciamo una piccola sosta presso la tomba di Antenore, poi ci dirigiamo decisamente verso la Basilica del Santo.
Qualche fotografia di rito, poi entriamo nella Basilica.
Nessun problema per i nostri piedi, anzi, mentre leggiamo una preghiera davanti alle spoglie di Sant Antonio un frate ci si avvicina, ci stringe la mano e ci mormora una sola parola: Pace.
Prossima meta: Prato della Valle, isola verde dove centinaia di giovani si fermano a dialogare….. e vi garantisco che se ne vedono di tutti i colori, ma di piedi rosa nemmeno uno, a parte i nostri.
Fissiamo il nostro punto d’incontro con Alex65 in centro città.
Siamo al crepuscolo ed il Palazzo della Ragione (che noi abbiamo smarrito ripudiando le scarpe) ci ispira con la sua illuminazione serale; li di fronte c’è una pizzeria, siamo tutti affamati e lo scenario infonde tranquillità.
Aspettiamo con pazienza che si liberi qualche posto; il cameriere ci garantisce che di li a pochi minuti molta gente se ne andrà, ma appare un po’ contrariato dal dover unire dei tavoli (o perché eravamo scalzi?).
Arrivano Alex65 e la moglie, parliamo un po’, ma il mio sguardo ricorre spesso ai tavoli: c’è qualcosa che non mi convince.
Mentre alcuni ragazzi non fanno mancare frizzi e lazzi per i nostri piedi scalzati (facciamo finta di nulla), per ben due volte faccio cenno al cameriere che siamo in sette.
Vengono uniti dei tavoli, poi il colpo di scena: si siedono alcuni anziani e, come per incanto, tutti i posti liberi scompaiono.
Ares perde decisamente la pazienza, ma non c’è niente da fare.
Attraversiamo Piazza delle Erbe (sperando di trovarne qualcuna velenosa) e cerchiamo un altro posto, consigliatoci da Alex65; niente da fare, tutto esaurito.
Con gli sguardi cupi continuiamo a camminare fino a raggiungere un posticino frequentato da studenti e turisti. Anche qui c’è qualche difficoltà, vedo Nancy (Lucina) parlare con il cameriere; mi avvicino e chiedo quale sia il problema.
C’è un tavolo grande, ma è riservato.
Non si possono unire due tavoli, perché così facendo sarebbero costretti a mettere delle sedie sul passaggio pedonale ed il comune non lo permette (ai gran dottori non manca la fantasia, vero?).
Se vogliamo, possiamo accomodarci all’interno, ma non senza scarpe (esplicitamente dichiarato!!), per ragioni igienico-sanitarie.
Sono ormai le dieci passate e siamo tutti stanchi ed affamati: inghiottiamo il rospo e ci infiliamo un paio di infradito.
Però non era male il cibo ed il beveraggio.
Ragazzi! C’è un affiatamento unico in questo gruppo ed è bellissimo trovarsi insieme.
È abbondantemente passata la mezzanotte, usciamo dal locale, dopo aver lasciato una minimancia (siamo scalzi, ma non barboni) e ci dirigiamo verso Piazza Garibaldi, passando davanti al bar Pedrocchi (come vorrei essere un miliardario per poterci entrare scalzo….. e zitti).
Pieghiamo verso Corso Milano e rientriamo nell’hotel rigorosamente scalzi.
Nessuno si accorge che siamo a piedi nudi, io e Stefano insceniamo nei corridoi qualche gag, poi tutti a nanna.
Domani ci aspetta la regina veneta.
Conclusione: Padova è una città bellissima ed il suo successo turistico è pienamente giustificato.
Se consideriamo le superfici tastate, ebbene, è stato come aver amoreggiato con una donna di classe, dai lineamenti fini.
Se consideriamo la gente….che delusione!
Ero convinto che i cittadini patavini, proprio per la presenza del turismo e, soprattutto, del popolo variegato studentesco, fosse meno provinciale nei confronti di fenomeni di minoranza come il nostro.
Non facciamoci sciocche illusioni: c’è ancora molto da lavorare.